Cristo crocifisso con la Madonna, i santi Giovanni evangelista e Battista, la Maddalena e due abati cistercensi
Autore
Hans Memling.
Periodo
(Seligenstadt, Magonza, 1440 circa - Bruges 1494).
L’opera, originariamente attribuita al maestro fiammingo Jan Van Eyck ed assegnata dal 1892 ad Hans Memling, risale probabilmente agli anni 1468-1470.
In questo periodo il giovane Memling iniziò a dirigere una propria bottega a Bruges, affermandosi come artista indipendente, pur rimanendo ancora legato al linguaggio del suo maestro Roger van der Weyden, come dimostrano alcuni particolari della tavola vicentina: i contorni precisi e taglienti che definiscono le figure, l’irreale sfondo paesaggistico, il corpo asciutto del Cristo situato al centro dell’ opera e l’elegante figura della Maddalena ai piedi della croce.
Inginocchiato ai piedi della croce sulla destra, è raffigurato il committente, l’abate cistercense Jan Crebbe titolare dell’abbazia delle Dune a Coxyde, che avrebbe ordinato l’opera per celebrare il quindicesimo anno della sua prelatura.
Alle sue spalle compaiono il suo santo protettore il cistercense san Bernardo e san Giovanni Battista. Sulla sinistra invece dietro alla Maddalena, possiamo trovare la Madonna accompagnata alle sue spalle dall’altro santo Giovanni evangelista.
Questa tavola costituiva originariamente il pannello centrale di un trittico di ridotte dimensioni (complessivamente cm. 83x116 circa senza le incorniciature) smembrato in epoca imprecisata. Si tratta di un vero e proprio capolavoro, la cui preziosità emerge da alcuni particolari di qualità altissima: la drammaticità dei volti dei santi a cui si contrappone la forte caratterizzazione dei visi dei due abati cistercensi, la resa plastica e dinamica dei panneggi, la lucentezza dei colori, il fiabesco paesaggio che si distende alle spalle del Crocifisso.
Sono questi gli elementi caratteristici della pittura fiamminga “così lucida e dettagliata, così apparentemente naturalistica e in realtà tutta costruita e celebrale” (Villa), che verranno in breve tempo recepiti, assieme alla tecnica ad olio, dagli artisti italiani della seconda metà del Quattrocento (fra tutti Piero della Francesca, Antonello da Messina e Giovanni Bellini).